Alessandra Canonico: formazione
Ricordo fin da quando ero bambina le lunghe e calde estati prive di compiti per le vacanze in cui il tempo trascorreva pigro. Ogni tanto però c’erano quei temporali estivi che rinfrescavano l’aria e davano la tregua sperata a quel caldo che abbrustoliva.Erano proprio quei giorni piovosi che stimolavano la mia creatività di bimba e in cui ideavo i miei giochi. Adoravo prendere la “scatola del cucito” di mia mamma, piena di fili colorati e bottoni recuperati qua e là. Gli spilli con la capocchia colorata erano i miei preferiti.Il metro era, nel mio immaginario, una volta una collana di perle e una volta un serpente.
Gli anni passano, ma il fascino della scatola del cucito cresce, fino a diventare la scatola degli strumenti che mi permetteranno di creare abiti su misura per la mia unica e anche un po’ sgangherata Barbie. Abiti da sera, naturalmente, realizzati con gli avanzi di tessuto di mia mamma. I bottoni della collezione della nonna erano più colorati o luccicanti e diventavano gli abbellimenti per quelle creazioni che ai miei occhi brillavano, elegantissime.
Eccomi in un baleno all’età in cui bisogna scegliere cosa fare della propria vita. La passione per l’alta moda mi conduce nella grande Roma a frequentare l’Accademia Internazionale di Arte e costume Koefia. 3 anni di esperienze formative di grande importanza tra i più belli della mia vita. Sono gli anni ’80, in cui salivano alla ribalta Armani, Ferrè, e il grande Gianni Versace, portatori di freschezza e innovazione.
Terminata l’Accademia trovo un impiego come apprendista in un laboratorio che realizzava alcuni abiti per Gai Mattiolo, lo stilista che portò in auge il bottone gioiello
Anni intensi, in cui misi in pratica ciò che avevo imparato in Accademia e in cui appresi l’arte dello sdifettamento del modello, in modo più moderno del “fitting”. La mia indimenticabile mentore e titolare di questo piccolo atelier, Fely (diminutivo di Felicina) fu la mia mamma professionale e, toscana doc, mi raccontava di aver lavorato con Roberto Capucci. Con tanta generosità mi ha insegnato il mestiere. Grazie Fely!
Gli anni passano in fretta e la mia vita privata e professionale cambia diverse volte.
Divento prima sposa e poi mamma e cambio città tre volte prima di approdare a Bologna, città splendida che mi rimarrà sempre nel cuore.
Un pomeriggio come tanti, passeggiando per il centro sotto i famosi portici di Bologna, mi soffermo davanti alla vetrina all’inglese di un atelier da sposa, in un bellissimo palazzo antico, entro e chiedo se stessero cercando collaboratori. Dopo un mese ero la nuova modellista di “Tosca Spose”.
Grande esperienza: una bella occasione per applicare le mie competenze e continuare il processo di apprendimento, affinando sempre più l’abilità delle prove in salotto con le clienti e lo sdifettamento per abiti importanti come quelli da sposa.
Dopo qualche anno divento mamma per la seconda volta e professionalmente sento l’esigenza di crescere e così, durante il congedo di maternità, decido di completarmi nell’ambito della modellistica frequentando un corso di modellistica industriale donna presso La scuola Carlo Secoli di Milano, che aveva un distaccamento a Bologna.
Anno faticoso, ma entusiasmante, sorretta da una presenza per me fondamentale: mio marito
Alla fine del corso Secoli, decido di approfondire anche l’aspetto più “pret à porter” e così mi congedo da Tosca e approdo prima da “Anima collection”, una delle tante realtà del pronto moda in zona Bologna e, di seguito, in un piccolo studio modellistico che fra i suoi clienti aveva lo stilista Gaetano Navarra. In entrambi ho potuto mettere in pratica le nuove competenze modellistiche e completare decisamente la mia figura professionale.
La vita è proprio imprevedibile, quando finalmente pensavo di aver trovato la mia dimensione, ecco che mi ritrovo di nuovo con gli scatoloni per casa, pronta ad un ennesimo cambio di città per seguire mio marito a cui avevano offerto una importante posizione in Svizzera. Arrivo a Como.
Da mamma ho alternato per qualche anno il supporto all‘inserimento dei bambini nel nuovo ambiente, con la realizzazione di capi esclusivi per amici, parenti e qualche conoscente di gusti raffinati.
Finalmente nel 2011 prendo una decisione molto importante per me, perché mi sentivo pronta a spiccare il volo, aprendo la mia attività nella quale avrei realizzato finalmente le mie creazioni senza vincoli: nasce così “Vestire i sogni”.
Ma perché proprio questo nome?
Qualche anno prima avevo realizzato un abito da sera per una mia carissima amica, per una serata a teatro.
Un abito lungo fasciato sulle sue forme, con la scollatura decolletè interamente ricamata.
Al momento dell’ultima prova per la consegna, specchiandosi, la vedo cambiare espressione: scopro che si sta commuovendo e, con i lucciconi agli occhi, mi dice di averle realizzato un sogno: un abito creato unicamente per lei, unico al mondo.
In quel momento ho pensato di aver vestito il sogno della mia amica Francesca e che avevo trovato il nome della mia futura mission: vestire i sogni delle mie clienti.
Piano piano mi creo il mio pacchetto clienti assidue come Claudia e altre in cerca di abiti ricercati per le grandi occasioni come cerimonie o serate a teatro. Grandi soddisfazioni!
Ma la mia curiosità e la voglia di esprimermi aveva bisogno di altro. L’insegnamento.
Le voci circolano e un giorno mi contatta uno studente dello “IED” (Istituto Europeo di Design) di Como, chiedendomi se potessi supportarlo nel suo progetto di laurea: realizzazione della sua collezione. Bella esperienza, divertente e di grande visibilità, tanto che qualche mese dopo divento insegnante allo IED per il corso di modello e sartoria ai ragazzi del primo anno.
Bene, un paio di anni fa scopro che il maestro avrebbe tenuto uno dei suoi corsi a Milano, presso la FERRARI FASHION SCHOOL
Mi sono fatta il regalo di Natale di quell’anno e sono andata per quattro giorni a Milano. Esperienza molto formativa, insegnante generoso.
Tante soddisfazioni allo IED.
Al secondo anno di insegnamento eccomi nelle vesti di relatrice per la realizzazione dei capi di collezione di laurea di due studentesse. Con loro ho respirato aria di novità, di creatività, di giovinezza, di freschezza.
La tesi di Carlotta era incentrata sulle nuove tendenze rivolte all’ambiente, infatti il titolo era “Zero Waste” (Zero spreco)
La tesi di Vittoria era dedicata a suo nonno, pittore affermato. In quella tesi c’era tutto il suo amore per suo nonno e tutta la sua creatività fatta di dettagli, di stampe minuziose, di ricami che riprendevano il pensiero filosofico che il nonno metteva nelle sue opere.
Sempre perché la fame di apprendimento non finisce mai, nel clima surreale e pazzesco del coronavirus, decido di “mettere a frutto il lockdown” e perfezionare le mie conoscenze sulla tecnologia e faccio un corso di “modello su supporto cad”. Investo qualche risparmio e compro nuove attrezzature informatiche.
Una nuova sfida mi attende, un nuovo confronto con la realtà industriale, che va ad affiancarsi a quella più artigianale che mi ha sempre contraddistinto, ma le sfide aiutano a crescere e migliorarsi sempre.
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